lunedì 24 maggio 2010

Latte e i suoi derivati live al Teatro Olimpico di Roma

Ingredienti per la ricetta: prendete dei musicisti molto bravi, due comici romani dallo humor diretto e sanguigno, aggiungete testi strampalati e divertenti ed avrete LSD! No no! Che avete capito!Mica stiamo parlando di acidi lisergici! Ma di Latte e i suoi derivati, la band romana capitanata da Greg e Lillo che porta dal 1994 nei locali e nei teatri romani la propria comicità in forma di musica.
E pensare che il gruppo è nato per puro caso, infatti Lillo e Greg, al secolo Pasquale Petrolo e Claudio Gregori, avevano tentato di creare una rivista mensile di fumetti demenziali insieme al batterista Paolo Di Orazio, ma la casa editrice che doveva finanziare il tutto fallì, portando i nostri eroi a provare a trasportare la propria comicità fumettistica in ambito musicale.
Cominciano allora a comporre i primi brani ma dopo circa un anno il progetto non decolla e il gruppo si scioglie. Il treno delle occasioni però sembra fare una seconda fermata dalle parti di Lillo e Greg, infatti un anno dopo vengono invitati a suonare ad un locale di Roma, il "Classico" per prender parte ad un festival demenziale chiamato "Premio per l'ugola d'oro", che viene vinto proprio dai Latte e i suoi derivati che diventano in breve una band di culto di Roma.
Nel concerto del Teatro Olimpico i Latte e i suoi derivati ci presentano un loro "best of", canzoni che hanno fatto la loro storia e che nel territorio romano sono conosciutissime, forse non nel titolo ma sicuramente nei ritornelli demenziali e negli sketch, sketch che sono spesso presenti nelle loro canzoni, non è affatto strano infatti che la band smetta improvvisamente di suonare mentre Lillo e Greg cominciano a snocciolare battute e a improvvisare gag esilaranti.
Si parte con "Ginoska", uno ska incentrato su un tizio di nome Gino che Greg vuole riempire di botte, infatti il ritornello dice "E noi a Gino lo menamo, lo menamo lo menamo".
Dallo ska passiamo al rock con una canzone cantata da Lillo intitolata "Mick Jagger" in cui ci si chiede come cavolo faccia il mitico Mick a reggere una vita piena di stravizi e a rimorchiare come un ventenne alla veneranda età di 65 anni!
Dal rock si passa al country con una canzone intitolata "Canzone country in italiano" in cui ci si chiede perchè parlare di vacche e colline faccia molto "fico" in Usa e faccia invece ridere se lo facciamo in Italia.
Come detto in precedenza, il gruppo di musicisti che accompagna Lillo e Greg è veramente valido, e spesso i testi esilaranti ci distraggono dalla ottima fattura della musica che tocca gli stili e gli standard più disparati.
Oltre al già citato batterista Di Orazio abbiamo alla chitarra Fabio Taddeo e alla sezione fiati i membri della band "Blues Willies.
Non mancano le prese in giro a Califano, tra l'altro imitato alla perfezione da Greg, con le canzoni "Puffi" e "Roccomon".
Il concerto non poteva non chiudersi con il loro cavallo di battaglia: "Otto il passerotto" storia di un papà che racconta una favoletta a suo figlio su una fatina che trasforma un numero in un passerotto, storia che tracima fino a diventare horror e splatter dopo che Lillo nelle parti del figlio di Greg fa perdere le staffe a suo padre interrompendolo di continuo. Non c'è un concerto dei Latte che non si concluda con questa canzone che nonostante la sua lunghezza è conosciuta a menadito dai fan.
Quindi quando volete rilassarvi e nel contempo farvi un bel pò di risate andate a sentire "Latte e i suoi derivati" oppure mettete sù un loro cd!

Scaletta del concerto (non in esatto ordine di esecuzione) :
1) Ginoska
2) Mick Jagger
3) Canzone country in italiano
4) E nun è vero un cazzo
5) La fresca insalatina
6) Amnesy International
7) Rocco Angeletti
8) Compagni camerati
9) Occhi di luna
10) Una pagnotta e un sogno in tasca
11) La storia di Lhyrlo
12) I puffi
13) Rokkomon
14) La Bbella e la Bbestia
15) Subliminaki
16) The pescator
17) Il ballo dell'estate
18) Otto il passerotto

Posto il video di due canzoni esilaranti che non hanno trovato posto in scaletta "Kazoo" e  "Geppa Geppa", buon ascolto!



venerdì 21 maggio 2010

Dalla - De Gregori live al Gran Teatro di Roma

Dopo ben 31 anni la coppia che aveva dato vita al famoso "Banana Republic" tour torna insieme e lo fa regalandoci un concerto di oltre 2 ore, in cui Dalla e De Gregori sfoderano i pezzi migliori del loro repertorio, aggiungendo anche un paio di inediti scritti per l'occasione.
Forse ultimamente i due grandi cantautori italiani non ci hanno regalato album memorabili, ma credetemi il loro concerto è un susseguirsi di pezzi mozzafiato e di evergreen incredibili che ci fanno capire quanto questi due artisti abbiano donato al panorama musicale italiano. Canzoni intramontabili che restano indelebili nel cuore e nella mente del pubblico, canzoni che hanno segnato un'epoca ma che continuano a dare vibrazioni come fossero state scritte poche ore fa.
Il concerto si apre con un pezzo strumentale "Over the Rainbow" con De Gregori alla sua amata armonica a bocca e Dalla al clarino. Il primo pezzo cantato è "Tutta la vita" con Dalla che passa al piano e De Gregori alla sua chitarra acustica.
La particolarità del concerto sta anche nel fatto che ognuno entra nelle canzoni dell'altro, ed è divertente vedere i vocalizzi di Lucio su "Titanic" e quelli di Francesco su "Anna e Marco".
"La leva calcistica del '68" è accolta da un fragoroso applauso del pubblico che riempe fino ad esaurimento il Gran Teatro di Roma, anche questa canzone vede Dalla e De Gregori duettare con scioltezza e in più il cantautore bolognese la impreziosisce con un bellissimo assolo di sax.
Poi Dalla ci introduce a "Henna" canzone che parla della guerra con un testo cosi poetico e toccante che Lucio prima di cantare la canzone la fa recitare dal corista Marco Alemanno.
Una parola merita anche la coreorgrafia del pittore e scultore Mimmo Paladino che raffigura una testa di soldato che canzone dopo canzone si riempe di disegni a volte essenziali e quasi astratti che traducono in immagini le parole delle splendide canzoni di Dalla e De Gregori.
Si arriva al primo pezzo inedito "Gran Turismo" che non colpisce particolarmente, mentre l'altro pezzo inedito dal titolo "Non basta saper cantare" è molto più bello e godibile.
Non penso debba aggiungere molto sulle seguenti canzoni : "Piazza Grande", "La donna cannone", " Caruso" e "L'anno che verrà", giusto un aggettivo: meravigliose.
Per la canzone "Rimmel" il teatro diventa un grande karaoke, dietro al palco vengono infatti proiettate le parole della canzone dando modo così al pubblico di cantarle insieme a De Gregori.
Il concerto ci regala molte altre canzoni, voglio citarne due in conclusione, "Buonanotte fiorellino" completamente diversa da come la conosciamo, arrangiata con un ritmo molto sincopato e "Just a gigolò" una canzone scritta nel 1929 da Nello Casucci e spesso eseguita sulle navi da crociera, la canzone sbarcò poi in Germania e via via si diffuse in maniera incredibile nel mondo. Può contare interpretazioni illustri quali quella di Louis Armstrong e Bing Crosby. Il testo invece è stato riscritto da Dalla e De Gregori che hanno scelto il brano anche come singolo.
I musicisti che hanno accompagnato Dalla e De Gregori sul palco sono Bruno Mariani alle chitarre, Alessandro Valle alla pedal steel guitar, Alessandro Arianti e Fabio Coppini alle tastiere, Guido Guglielminetti al basso, Gionata Colaprisca alle percussioni, Maurizio Dei Lazzaretti alla batteria, Emanuela Cortesi e Marco Alemanno ai cori.
Completa la formazione il Nu-Ork Quartet, quartetto d’archi diretto dal maestro Beppe D’Onghia.
Ecco la scaletta completa del concerto (non in esatto ordine di esecuzione):

 Over the rainbow
 Tutta la vita
 Anna e Marco
 Titanic
 La Leva calcistica della classe '68
 Henna
 Gran turismo
 Santa Lucia
 I matti
 Canzone
 I muscoli del capitano
 Piazza grande
 Rimmel
 Futura
 La donna cannone
 Caruso
 Buonanotte fiorellino
 Come è profonodo il mare
 Viva l'Italia
 La storia
 La sera dei miracoli
 A pà
 L'anno che verrà
 Non basta saper cantare
 Balla balla ballerino
 Just a gigolò
 La valigia dell'attore
 L'agnello di Dio
 4/3/43
 Nuvolari



lunedì 10 maggio 2010

Irio De Paula live al Beba do Samba

Questa volta la recensione si tinge di verde oro, perchè ho avuto la fortuna di assistere al concerto di un grande chitarrista brasiliano: Irio De Paula.
Forse ai più che non masticano ritmi brasiliani, bossa e atmosfere sud-americane questo nome dice poco, ma se ancora non lo conoscete è arrivato il momento di colmare questa lacuna e vi assicuro che non ve ne pentirete.
Prima di addentrarci nella serata di musica carioca che ci ha regalato il grande Irio voglio darvi qualche piccola informazione su questo grande chitarrista brasiliano che nasce a Rio de Janeiro nel 1939 e già alla tenera età di 6 anni comincia a suonare la chitarra.
Colleziona collaborazioni illustri suonando con mostri sacri della musica brasiliana come Baden Powell, Astrud Gilberto e Chico Buarque.
In Italia sbarca negli anni '70 dopo essere stato protagonista di un tour europeo insieme alla cantante Elza Soares.
La sua discografia è sconfinata, basta dare un'occhiata a wickipedia per rendersene conto.
Recentemente si è esbito insieme al nostro trombettista Fabrizo Bosso, anche lui come Irio De Paula, virtuoso del suo strumento, che così bene si abbina alle melodie chitarriste dell'artista carioca.
Ma veniamo al concerto che si è tenuto al Beba do Samba, piccolo e accogliente locale sito nel quartiere San Lorenzo di Roma.
Irio De Paula ama suonare vari tipi di chitarre passando dalla sei alla dodici corde, oppure affidandosi al suo amato cavaquinho, una chitarra molto piccola a quattro corde tipica della cultura musicale brasiliana.
Per questa serata Irio sceglie di affidarsi ad una chitarra classica sette corde, molto usata nella tradizione brasiliana per suonare il samba e lo choro ma tipica anche della tradizione russa.
Per chi mastica un pò di chitarre, la sette corde è accordata come una chitarra classica ma con un Do in più sopra il Mi basso.
Chiusa questa piccola parentesi tecnica il concerto inzia e Irio De Paula ci fa subito capire di essere un tutt'uno con la chitarra.
Il concerto è interamente strumentale, Irio non dice una parola, se non per ringraziare il caloroso pubblico del Beba do Samba, ma a parlare per lui è la chitarra.
Si alternano canzoni canzoni memorabili come "Wave", "Agua de Beber", " Se todos fossem ugais a voce" e "Samba do Aviao" del grande Antonio Carlos Jobim ad altre forse meno note ma sicuramente non meno belle come "Asa Branca" di Luiz Gonzaga che rientra nella categoria in gergo chiamata "choro" ovvero pianto, tecnica di difficile esecuzione usata nel nord-est del Brasile.
Si passa poi all'esecuzione di "Tristeza" portata al successo in Italia dalla Vanoni, e si prosegue con "O que serà" pezzo scritto da Chico Buarque spesso eseguito live in Italia da Fiorella Mannoia.
La chitarra di Irio De Paula continua a regalare emozioni, la sua tecnica è impeccabile e quando capita qualche piccola sbavatura chitarristica il grande artista brasiliano è bravo a correggierla al volo e a trasformarla in un'improvvisazione jazz.
E sì, perchè la musica brasiliana è proprio una derivazione del Jazz e proprio con molti aristi jazz Irio De Paula ha avuto l'occasione di suonare in passato, artisti quali Barnie Kessel, Tal Farlow, Toots Thielemans, Buster Williams, Jimmy Cobb, Bobby Durham, Fabrizio Bosso, Phil Woods, Lee Konitz, Renato Sellani, Gianni Basso, Cidinho Teixeira, Franco Cerri e Gato Barbieri solo per citarne alcuni.
Il concerto prosegue, l'artista brasiliano è più di un'ora che suona ma il tempo sembra esser volato, e chiudendo gli occhi sulle note di "Na baixa do sapateiro" del monumentale Ary Barroso, non si possono non vedere i colori sgargianti del Brasile, delle sue foreste e delle sue spiagge incantevoli.
Irio De Paula omaggia anche l'indimenticabile poeta brasiliano Vinicius De Moraes eseguendo "Samba da Bençao" e chiudendo il concerto con l'intramontaile "Garota de Ipanema".
Spero di avervi fatto venir voglia di ascoltare questo artista brasiliano che a quasi settanta anni suona con l'energia e la spensieratezza di un ragazzo, portandoci in dono un pezzo del suo Brasile, della sua storia, insomma una parte di sè.